giovedì 10 gennaio 2019

Appunti di un incontro con Angelin Preljocaj - moderato da A. Marsotto - Institut Francais



Angelin Preljocaj commenta alcuni suoi appunti di coreografia, "rubati" da Aurora Marsotto


·         Si inizia con un breve accenno all’inizio della carriera di coreografo di Preljocaj, nata dopo aver studiato danza classica e dopo un anno in USA da Merce Cunningham.

·        Segue la vittoria al concorso di Bagnolet con Marché Noir https://youtu.be/XzL7SWy3N0c coreografia da lui definita “machine a gagner” ossia costruita per vincere il concorso, cui subito seguirà il meraviglioso Larmes Blanche https://youtu.be/dPVn6eZ9p7o in cui Preljocaj dice di aver iniziato il suo percorso di ricerca sul movimento a tutto tondo.

·        La sua ricerca sul movimento va alle origini del gesto per poi generare l’effetto, l’emozione, così come la matematica sta alla base delle applicazioni tecnologiche. Il sentimento nasce dal movimento puro. Preljocaj racconta quanto sia incredibile il fatto che spesso si lavori ad una coreografia complicata ma alla fine si resta totalmente presi da un movimento minimo che diventa la cosa importante.  

·        Per questo ai ballerini durante le sue creazioni dice di fare le cose non di mostrarle: è facendole sinceramente che poi arrivano a chi osserva.

·        E’ felice di lavorare con i ragazzi della Scala, e scherzando (ma non troppo) dice che a loro fa sicuramente bene lavorare con un coreografo vivo (riferendosi all’emozione e allo stimolo che dà la partecipazione diretta ad una creazione).

·        Alla domanda della Marsotto: “che cosa rende un’opera un classico” sorride, sostendendo che in primis se lo sapesse sarebbe a posto 😀 e poi afferma che un classico cresce grazie alle diverse interpretazioni a cui tutti gli interpreti aggiungono qualcosa  rendendola così immortale.

·        Inoltre l’opera esiste perché esiste chi la guarda. Finchè la provi e resti in sala e non esiste nulla, nasce nel momento in cui diventa rappresentata. Fa il paragone con una fotografia analogica: il fotografo la scatta, ma poi finchè non si sviluppa sulla carta, la foto non esiste. Il coreografo scatta la foto, mettendoci anche due mesi di lavoro, ma è il pubblico che vedendo il balletto gli dà vita, lo sviluppa, confermando in tal senso il ruolo fondamentale del pubblico in qualsiasi forma d’arte. “C’est un’histoire de regard et de rencontre”.

·        “Winterreise” nasce da un’idea che si ben accorda con il filone di balletti su musica da camera iniziato dalla  direzione Pereira con Cello Suites, Progetto Haendel e Golderg Variations. Preljocaj apprezza la dimensione intimista tra pubblico ballerini e musicista che si crea in queste occasioni. (mi è sorta la domanda se davvero ritiene che la sala della Scala sia adatta ad una dimensione così intimista, ma me la sono tenuta per me).

·        Sulle novità contemporanee il suo punto di vista è che lo spettatore tende a voler vedere le cose a cui si è abituato, e quando si propongono delle novità, gli si richiede uno sforzo: questo meccanismo deve funzionare come un elastico, ovvero se si propone qualcosa di nuovo poi bisogna andare incontro in altro modo, se non si vuole creare rottura. Non vuole avere il ruolo di un provocatore tout court solo per il gusto di farlo.

·        Progetti futuri dopo Winterreise: con il suo gruppo G.U.I.D. di danzatori di Aix (Groupe Urbain d'Intervention Dansée), dopo aver portato la danza nelle carceri e aver ricevuto dal pubblico dei carcerati delle lettere meravigliose piene di meraviglia e di emozione, ha deciso di iniziare in prima persona un progetto nelle prigioni coinvolgendo direttamente nello spettacolo una ventina di detenute. Spettacolo che sta prendendo forma e che verrà rappresentato a Giugno 2019 al teatro di Aix en Provence e anche al Festival di Montpellier.