sabato 27 ottobre 2018

L'histoire de Manon - Emanuela Montanari e Claudio Coviello


Reduce da una rappresentazione di Manon splendida, intensa appassionata eccomi a cercare di fissare i sentimenti sulla "carta". E non è facile quando esci un po' senza parole perchè non ci sono parole per descrivere emozioni cosi forti e al tempo stesso delicate.


Emanuela Montanari è un'artista meravigliosa che ha saputo "essere" Manon con una naturalezza e una sincerità rara. Una sua Manon, con sfumature diverse dalle altre. Interessata alla vita lussuosa di Monsieur G.M. ma sempre senza dimenticare il rimpianto per Des Grieux.



Anche quando si allontana impellicciata e ingioiellata con GM, l'ultimo sguardo prima di uscire di scena è per il ricordo di Des Grieux. 

Quando lo rivede, alla festa anche l'ultimo attimo della sua danza con i cavalieri, l'ultimo sguardo, mentre è ai piedi di GM, è sempre per Des Grieux. E' come se ci fosse una calamita che la riporta comunque sempre lì, e te la fa sembrare più vicina e comprensibile, meno ochetta amorale senza contorni caratteriali precisi.


E l'ultimo passo a due è a livelli altissimi. L'intesa con Coviello è stata senza indugi, entrambi disperati lanciati follemente in una fuga e un destino senza appello.


La qualità del gesto nella danza di Montanari è incredibile, perchè anche se non spinto tecnicamente, ogni passo della coreografia ha sempre un significato e ognuno interpretato nel contesto dell'evoluzione della vita di Manon:  ad esempio nel primo passo a due quello dell'incontro, quando gioca con Des Grieux girandosi a destra e sinistra in opposizione a lui, è una bambina di sedici anni deliziata di essere corteggiata da un ragazzo carino.


Così come alla fine l'uso del corpo ormai senza forza ma con accenti di ribellione alla morte è magistrale.


Claudio Coviello, è un Des Grieux molto bello, giusto, coinvolto e innamorato con un carattere poetico e delicato, degno partner di Montanari. Ha un dialogo di occhi continuo con Manon anche nei momenti di rottura. La disperazione di Des Grieux ai massimi livelli. C'è sempre margine di crescita  ma ormai è un artista completo a livelli internazionali e averne visto l'evoluzione dal 2011 è stato un vero privilegio.












E poi c'è Lescaut.. e come si fa? io ho appena finito di fare lodi sperticate a Fagetti e ora le devo necessariamente rifare per Walter Madau che è stato un Lescaut altrettanto brillante. Meno cattivo e inquietante, più delinquentello, vivacissimo il physique du role ed una verve perfetta: un ubriaco, da solo e come partner, al limite dell'equilibrio umano. Bravissimo.
Orgogliosa di dire che alla Scala abbiamo i due migliori Lescaut che ho mai visto.



Ho rivisto con piacere Antonella Albano, un'amante molto gradevole che fa anche un po' tenerezza nel suo essere costretta ad essere seduttiva.


Sempre cattivissimo il carceriere Mick Zeni, e molto efficace nella sua spregevolezza il GM di Massimo Garon.



Uno scugnizzo vivacissimo Valerio Lunadei 💕


Insomma la Scala che amo. La mano di un maitre meraviglioso come Murru si è vista nei più picccoli particolari e non averlo più alla Scala il prossimo anno sarà una grandissima perdita. Ma mai dire mai.

Una serata da ricordare. Peccato, davvero peccato che ad un cast così incredibile venga dedicata una sola serata (niente prova d'insieme e niente generale). Uno spreco totale dell'incredibile artisticità scaligera che andrebbe promossa e non relegata ad una serata unica senza alcuna comunicazione adeguata. Ma evidentemente sono logiche (?) che mi sfuggono.
Che dire? Spero di rivedervi presto.

PS:
sulla direzione, tanto osannata, dico solo che, dal punto di vista musicale (per quanto ne capisca) è stata una bellissima esecuzione di Massenet, ma personalmente penso che se un direttore sta dirigendo un balletto dovrebbe tenere conto dei ballerini e della coreografia in scena.
Ad esempio, il primo passo a due, è stato diretto quasi il 20% più lento che nel 2011 per Guillem e Murru. Tenere gli slanci della coreografia di MacMillan interpretando i passi con accelerazioni e pause con tempi così lenti non è per niente semplice, per nessuno dei cast andati in scena.



































Fagetti Agostino e Semperboni tre gentiluomini