Torna a Milano il Tokyo Ballet e questa volta, rispetto al 2010 dove tornò con la 700a recita in tournée del Kabuki (e relativo lancio di fasce celebrative sulla platea, dove io ovviamente non ne presi neanche una....), si presenta anche con un trittico molto appetitoso. Balanchine Kylian e Béjart. Come poterlo perdere? il Kabuki è splendido e non paragonabile essendo cucito addosso alla compagnia ma, avendolo già visto e dovendo scegliere, il fascino di questi tre balletti era irresistibile.
SERENADE - G. Balanchine
E' uno di quei balletti che rivedresti a oltranza, dall'eleganza formale assoluta nei movimenti morbidi e al tempo stesso geometrici del corpo di ballo. Il corpo di ballo del Tokyo ballet è estremamente pulito sincrono e in stile. Brave. Me le aspettavo più rigide, invece no, non morbidissime ma con un bel movimento fluido.
Così come fluido e leggero è stato il valzer ben ballato da Mamiko Kawashima e Yasuomi Akimoto.
Ieratico e intenso l'Angelo di Mizuka Ueno, principal al suo ritorno in scala dopo il ND de Paris ballato con Murru nel 2002, un Don Chisciotte nel 2007 e il Kabuki dell'ultima tournée del 2010.
Nel complesso un'interpretazione di Serenade molto pregevole.
DREAMTIME - J.Kylian
Non lo avevo mai visto: tutta la bellezza del linguaggio coreografico vive dentro questo "balletto" in cui, come dice Kylian, si percepisce l'invisibile.
L'influenza della cultura e della danza aborigena, non tanto nella forma ma nell'essenza della danza di Kylian, inizia con Dreamtime: la vita è un continuo fluire nella dimensione del sogno, di cose e sentimenti che appaiono e scompaiono, di momenti impalpabili eppure profondi. Affascinante assai.
5 ballerini si alternano in passi a due, a tre e assoli, sulla musica magica di Toru Takemitsu con cui Kylian collaborò profondamente nella realizzazione di questo balletto, breve ma sostanziale.
Di grande pregio gli interpreti, su una musica che è decisamente nelle loro corde.
A chi interessa, può approfondire qui Dreamtime - the creation
LE SACRE DU PRINTEMPS - M.Béjart
E qui si parla di un altro capolavoro senza tempo, che pur nel suo stile così originale sopravvive al passare degli anni restando sempre attuale. Ho sempre amato questa versione della Sagra: se non sbaglio la vidi la prima volta nell'81 con Savignano. Ho detto tutto.
Questo tormentato e animalesco rapporto tra mascolino e femminino, tra terra e luna, che culmina in un evidente (anche un po' troppo) atto sessuale sottolineato dalla musica di Stravinsky così inquietante, mi ha sempre fatto uscire da teatro non senza un certo stordimento.
L'ensemble del Tokyo Ballet affronta Sagra con la sicurezza data dal fatto di aver lavorato ai tempi con Béjart stesso e si vede. Anche se ho ancora negli occhi la Sagra del 2004 con Murru e Guillem con il corpo di ballo della Scala (ricordo anche un grande Massimi tra le parti principali maschili) che resta per me ineguagliabile, l'interpretazione dei due primi ballerini giapponesi Yuki Higuchi e Akimi Denda è stata di valore.
Una nota di merito all'orchestra dell'Accademia della Scala diretta da Paul Murphy il cui compito non era facile.
Un po' di foto della serata (seconda rappresentazione)