Sylvia torna sulla scene grazie all'arte di Manuel Legris, che dopo averla lanciata a Vienna, la porta sulle scene della Scala. In effetti non si vedeva da molto tempo in Italia: ricordo di aver vista al Regio di Torino primi anni 80 una versione del balletto di Budapest, poi ne ho un po' perso le tracce (a parte Ashton, Neumeier e il mitico pdd di Balanchine).
Questa Sylvia di Legris è un raffinato tripudio della danza classica nella sua accezione più francese negli adagi e italiana negli allegri, per citare un primo ballerino della Scala degli anni 70 /80. Un balletto da cui si esce con gli occhi pieni di gioia, di allegria, di colori che, come ha detto un altro mio illustre amico dopo la generale, ricordano una confezione di macarons.
Un balletto tecnicamente difficile e faticoso, pieno di passi, ma questa difficoltà non si percepisce perchè la coreografia scorre fluida dinamica e morbida. I passi sono tanti ma estremamente musicali e l'uso delle braccia nella danza di Manuel Legris è meraviglioso: morbide, armoniose parlano da sole.
Entrambe le Sylvie scaligere si sono espresse molto bene anche se in modo diverso, Martina Arduino alla prima con una verve interpretativa assai brillante, grande musicalità e port de bras molto morbidi, e Nicoletta Manni più composta, una presenza scenica palpabile con una tecnica sicurissima, aplomb e salti mozzafiato. Splendide entrambe.
Di grande soddisfazione vedere due stelle di casa nostra alternarsi sul palco scaligero in una produzione di questo livello.
Qui Martina Arduino nel pizzicato del terzo atto.
ed ecco Nicoletta Manni in prova generale
Claudio Coviello è stato un Aminta splendido con una precisione incredibile, grandissima musicalità e allo stesso tempo un modo di ballare così tranquillo, sincero, limpido, senza far percepire nulla che non fosse pura danza, grazie anche ad un legato molto lirico. Un grande artista. Vederlo in scena per me è sempre una sorpresa e ogni volta è meglio. Per me si dovrebbe cominciare a considerare seriamente l'ipotesi di una nomina ad étoile.
Marco Agostino nel secondo cast affronta il ruolo con grande serietà e resa tecnica precisa pur mancandogli un po' di fluidità.
Per alcuni rivelazione, per me e per tanti altri ennesima conferma di gran classe, Christian Fagetti è stato Orione, personaggio cattivo e prepotente che si fa infinocchiare da Sylvia. A livello di Davide Dato a Vienna, ha affrontato le notevoli difficoltà tecniche del ruolo in modo impeccabile con precisione, carattere e presenza dirompente. Bravo!!
Di grande presenza anche Gabriele Corrado perfetto in coppia con Manni.
Eros, ruolo statuario e divino, che necessita prestanza fisica notevole e tecnica pura, è stato ben rappresentato sia da Nicola Del Freo che da Mattia Semperboni. Mattia in particolare ha mostrato oltre ai suoi giri alla seconda già mitici da quando ha interpretato Alì nel Corsaro, un'elevazione notevole nei salti e una leggerezza nelle batterie entusiasmante.
Potenti le cacciatrici, sempre danzanti anche durante gli assoli (tranne il pizzicato): il corpo di ballo è protagonista sempre presente e con passi anche impegnativi, un vero tour de force eseguito senza sforzo apparente dalle ragazze scaligere, precise nelle linee. Gaia Andreanò e Alessandra Vassallo al primo cast sostituita da Vittoria Valerio nel secondo le due scattanti soliste cacciatrici. Abbiamo un grande corpo di ballo.
Ruoli che fanno da racconto dell'atmosfera mitologica (mi ricordano un po' la Pastorale di Beethoven in Fantasia di Disney) il Fauno e la Naiade, Fresi Valerio primo cast, Lunadei e Di Clemente secondo cast. Entrambe le coppie fresche e brillanti, divertente l'impertinenza del fauno di Lunadei.
Diana dea della caccia ha il costume più bello di tutte e ben lo indossano Maria Celeste Losa e Alessandra Vassallo, imperiose e statuarie, con bei grand jetè. Lirico narrativo e anche allegro , il passo a due con Endimione (Corrado e Starace) che fa da prologo e rende la narrazione di tutta la storia chiara e coerente. Diana ha un fidanzato umano e quindi alla fine non può negare Aminta a Sylvia (ho il dono della sintesi tutto quello che c'è in mezzo sta nel soggetto eheheh).
Briilanti e vivaci anche le danze dei contadini ben ballate con classe sia da Antonella Albano che da Emanuela Montanari (vista in prova) con Domenico Di Cristo e Valerio Lunadei nel ruolo del pastorello, e Mattia Semperboni ed Eugenio Lepera nel ruolo del contadino.
Le scene di Luisa Spinatelli sono raffinate, sobrie (a parte il vaso cornucopia gigante ehhehe) ed eleganti. L'enorme luna di sfondo al primo atto crea un'atmosfera magica. I costumi sono all'apparenza molto semplici, ma con dei tocchi raffinati di ispirazione pompeiana che, pur non notandosi tantissimo dalla platea, tendono a rendere il tutto molto chic. L'unico neo per me è il costume di Aminta che fa un po' cavernicolo e che speravo nel divertissement come a Londra venisse cambiato.
Ma in effetti qui c'è un'unità di tempo che a Londra non c'è (in Ashton ogni atto ha un set di costumi, mentre qui tutti i ruoli restano vestiti uguali per tutta la vicenda. Quindi giusto non cambiarlo anche ad Aminta. Però insomma, bellissimo non è.
Ultima nel commento ma non meno entusiasmante la grande direzione di Kevin Rhodes. In perfetta sintonia con i ballerini, raramente ho visto un contatto visivo così in simbiosi con le prime parti, Rhodes ha reso la bellissima musica di Delibes brillante, fragrante piena di colori. Raramente ho sentito l'Orchestra della Scala suonare così bene un balletto nel rispetto delle esigenze dei ballerini.
Alla fine un tripudio di applausi per Manuel Legris meritatissimi perchè è un grande artista che conosce la danza non solo come étoile ma come coreografo, che sa lavorare con la compagnia e che ci auguriamo tutti di rivedere presto a Milano, in qualsiasi veste.
Poteva esserci più pubblico, e soprattutto la presenza di qualche autorità almeno del Comune, in fondo era la prima della stagione di balletto della Scala , un minimo di sottolineatura da parte delle autorità se la meritava. È stata una festa comunque.
Bene, mi sono dilungata assai ma siccome mi è piaciuto altrettanto non potevo farne a meno.
Senza pretese particolarmente intellettuali, ma arrivando con semplicità ed eleganza agli occhi e alle orecchie del pubblico, questa Sylvia è uno spettacolo di grande valore e un ottimo modo di far piacere la danza classica, che più classica non si può, anche a persone non sospette, alias mio marito che ha molto apprezzato ehehehehe.
Ah dimenticavo, (e come avrei potuto?): è tornato Murru. 💕
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Foto del primo cast in scena e del secondo cast alle prove.